Un’analisi acuta e parodica sulla cinica speculazione mediatica di un fatto di cronaca nera.
Tuono Pettinato è certamente uno dei fumettisti nazionali
che più apprezzo. Tuono è uno dei rappresentanti degli ormai celebri Fratelli
del cielo (ex Superamici), un’associazione di fumettisti molto diversi tra
loro, sia per stile grafico che narrativo, ma tutti accomunati da una grande
consapevolezza della complessità e della versatilità del medium fumettistico.
Tra i Fratelli del cielo ( Dr. Pira, Ratigher, Maicol e
Mirco), Tuono Pettinato è l’elemento
forse più erudito, capace di parlare con ironia e profondità di personalità e
tematiche di grande importanza. A questo proposito, si possono ricordare le sue
opere biografiche dedicate a Garibaldi,
Galileo e Alan Turing, dove l’autore ha affinato le sue doti narrative all’interno
di un genere ben definito. Un altro elemento che sicuramente caratterizza lo
stile e i temi affrontati da Tuono è la grande attenzione per la cultura popolare
e la capacità di mischiare riferimenti e
citazioni appartenenti ad aree
speculative molto diverse fra loro. Di questa capacità l’autore da prova
continuamente attraverso il suo lavoro vignettistico su Fumettologica e in
questo 2014, con la sua graphic novel “Nevermind”, ci ha parlato di una delle icone
più importanti degli anni 90’ come Kurt Cobain attraverso un ritratto così colto, commovente
e delicato da farne, a mio parere, una delle opere fumettistiche italiane più
interessanti dell’anno corrente.
Come si può facilmente comprendere dalla breve introduzione
in cui esprimo la mia stima per Tuono Pettinato, in questo articolo andrò
proprio a parlare di una sua opera, forse di quella che in assoluto mi ha
colpito di più all’interno della sua produzione. Mi sto riferendo a
“Corpicino”, graphic novel pubblicata nel 2013 dalla GRRRzetic con un’edizione davvero pregevole.
Il “Corpicino” a cui allude il titolo è quello del piccolo
Marcellino Diotisalvi, un bambino trovato assassinato in un bosco. Il caso,
come da copione, diventa un pietoso evento mediatico, acquisendo immediatamente risonanza all’interno dell’opinione pubblica
e nell’ambito delle testate giornalistiche subito pronte a seguire, per filo e
per segno, lo svolgersi delle indagini. Proprio a questo proposito il lettore
fa presto la conoscenza di Martinelli, giovane reporter di cronaca nera,
intenzionato più che mai a seguire con
piglio oggettivo la vicenda, nel nome della verità e dell’obbligo
dell’informazione imparziale che dovrebbe caratterizzare il suo mestiere.
Tuttavia, nonostante i sinceri sforzi del giornalista, i suoi superiori lo
accusano continuamente di non essere abbastanza truce e sensazionalista come il
pubblico desidererebbe. Martinelli si trova così in un dilemma etico e professionale,
sbattendo la faccia contro le pressanti richieste dei suoi datori di lavoro e
scontrandosi continuamente con i suoi valori morali. A confortare il giovane
Martinelli ci saranno, tuttavia, i preziosi consigli del professor Giraldi, un
anziano criminologo che, attraverso le sue riflessioni, farà luce
sull’intrinseco legame tra violenza e sacralità, portando il giornalista ad
interrogarsi sulla natura rituale dell’omicidio e sull’aura sacrale che
circonda tanto la vittima quanto la figura del colpevole. Chi avrà ucciso il
piccolo Marcellino? Come si evolverà il caso? Quale saranno le reazioni della
stampa e dell’opinione pubblica?
Tuono Pettinato con “Corpicino” riflette sulla cinica e
spietata speculazione dei media sui fatti di cronaca nera. L’autore espone con
estrema lucidità i meccanismi mediatici che alimentano la morbosità collettiva
per la tragedia, trasformandola in una sorta di soap opera televisiva e dando
il via a comportamenti voyeouristico- consumistici, come il cosiddetto turismo
dell’orrore. Basta pensare alle centinaia di persone che si sono recate a
vedere il relitto della Concordia o a quelle che assediano i perimetri delle
“case dell’orrore” in occasione del “massacro di turno” per renderci conto
dell’importanza del fenomeno.
L’argomento affrontato dall’autore, come palesemente
intuibile, non è di certo dei più facili da trattare, soprattutto mantenendo
costantemente una tagliente ironia senza perdere di vista la profondità e la
complessità socio- culturale del problema. Tuono, tuttavia, riesce pienamente
in questo intento . Sono molti gli
elementi, sia contenutistico sia formali, che contribuiscono a dar vita ad un
mix intelligentissimo e vincente. Una delle prime cose che mi viene da citare è
l’astutissimo accorgimento stilistico che l’autore adotta per da sfogo alla sua
inconfondibile vena parodistica: per tutto il racconto, nella parte bassa delle
pagine, scorre una banda breaking news in stile notiziario. In questa striscia
Tuono può sbizzarrirsi in una gran quantità di battute al vetriolo sulle
assurdità della cronaca e dell’informazione. Con questo espediente l’autore
aggiunge un elemento di critica satirica all’interno del volume, dando vari
spunti, ma senza appesantire o sviare dal tema principale dell’opera. Tuttavia,
l’ironia Tuonesca, non è certamente relegata alla sola striscia “stile Tg”, ma,
al contrario, si scaglia violenta e implacabile contro tutti gli elementi del
racconto. Viene criticata l’ipocrisia
dei perbenisti ad ogni costo, la sterile elucubrazione degli intellettuali da
Talk Show, il sensazionalismo ingenuo della folla, il fanatismo idolatra, fino
alle manie complottiste che pervadono sempre ogni fatto di cronaca.
Oltre alla gestione della carica ironica, altro elemento
sicuramente apprezzabile è la scelta di affidare la riflessione teorica alla
figura del Prof Giraldi evitando, in questo modo, la pesantezza di una
spiegazione fuori dalla narrazione, ma non mancando di approfondire gli
elementi antropologici, sociologici e
filosofici legati all’omicidio come rito sociale, in cui vittima sacrificale e
carnefice acquisiscono un’aura sacrale indispensabile per la coesione
collettiva.
La vittima sacrificale è necessaria alla società, il suo
sacrificio assume un valore totemico in cui essa si riconosce. Serve sempre un
capro espiatorio in cui riversare tutte le tensioni comuni ed è proprio questa
l’utilità sociale dell’omicidio. Nell’antichità la vittima sacrificale era il
mostro, ciò che rappresentava l’incarnazione di tutti i mali e perciò, di
comune accordo, andava ucciso per redimere la comunità. Con il cristianesimo,
invece, la vittima si è fatta innocente. Essa è una creatura pura che,
attraverso la sua morte ingiusta, assume su di se i peccati di un’intera
comunità.
Il caso di cronaca
nera spesso non ha caratteristiche molto diverse da questi antichi rituali. In
“Corpicino”, Marcellino Diotisalvi rappresenta la vittima innocente, il bambino
che viene barbaramente ucciso . Come conseguenza di ciò, la comunità non vede
l’ora di alzarlo a qualità di santo martire e, corrispettivamente, riversare
tutta la sua ira sul colpevole dell’omicidio (o sul presunto tale).
Nell’omicidio tutta la tensione e la violenza che serpeggia
tra i membri di una società si rivolge in un fatto che da solo è in grado di
convogliarle tutte al suo interno, liberando, almeno per un poco, le persone
dai propri istinti e dalle proprie paure. Una volta che il rito dell’omicidio
si è compiuto la comunità è libera di disporre dei suoi due artefici a suo
piacimento. L’omicida diventa il mostro da ripudiare, la vittima il sacro da
venerare. Non c’è Gesù senza Giuda, non c’è vittima senza carnefice.
Tra i pregi maggiori di quest’opera di Tuono Pettinato c’è
proprio la sua capacità di analizzare in profondità il fatto di cronaca nera,
trattandolo alla stregua di un polo ambivalente in cui si attorcigliano istanze
diacroniche legate al suo carattere ancestrale-rituale e sincroniche, più
legate all’assetto mediatico presente.
In conclusione, “Corpicino” è un’opera preziosa, ironica e
delicata, ma anche spietata e dotata di una carica critica davvero
straordinaria. Alla fine della lettura sembra davvero impossibile non stare
fermi ad interrogarsi sulla complessità dei meccanismi sociali che viviamo ogni
giorno, sull’assurdità di una pornografia del dolore che, tuttavia, pare essere
così necessaria alla stessa coesione della comunità.