giovedì 4 settembre 2014

I favolosi Killjoys





Fino a qualche tempo fa, se pensavo a Gerard Way, l’unica cosa che mi veniva in mente era il suo ruolo di fondatore e cantante dei My Chemical Romance. Premetto di non essere mai stato un fan dei MCR e di non averli mai ascoltati con particolare interesse. Dal punto di vista musicale, dunque,  credo che non ci sarebbero stati troppi motivi per avvicinarmi alla figura di Way e credo che questo personaggio, nella sua veste di musicista, per me sarebbe continuato ad essere una presenza del tutto anonima. Ciò che invece mi porta a parlare di lui in questo articolo è la sua attività di fumettista.
Gerard Way, infatti, oltre ad essere un grande appassionato di fumetti, ha un passato come editor fumettistico e nel 2008, lavorando come sceneggiatore a fianco del disegnatore  brasiliano Grabriel Bà, si è aggiudicato un Eisner Award con la sua opera prima intitolata “The Umbrella Academy”. In attesa di recuperare proprio quel volume, sono stato attratto da una delle ultime proposte da libreria della Panini Comics, dove tra gli autori capeggia proprio lo stesso Way. Sto parlando de “I favolosi Killjoys- giorni pericolosi” scritto a quattro mani da Gerard Way e Shaun Simon e disegnato da Becky Cloonan.
La storia ruota tutta intorno ad un gruppo di ribelli, i Killjoys , che in un passato non troppo lontano dal presente in cui è ambientata la vicenda, combatterono contro la tirannia della mega corporazione  Better Living Industries, perdendo tutti la vita. Se i Killjoys veri e propri perirono tutti nel mezzo della sanguinosa lotta contro la B.L.I., chi si salvò fu una misteriosa ragazzina che, da qualche tempo, si era unita ai ribelli e godeva della speciale protezione di questi ultimi. Dopo il sacrificio dei Killjoys , i loro seguaci ed epigoni vivono nel deserto ai margini della metropoli di Battery city, dove le B.L.I. derubano sistematicamente i cittadini della loro individualità attraverso un regime di violenta ed estrema repressione.
Ora i venti di ribellione stanno per alzarsi di nuovo e lo scontro tra gli abitanti del deserto e le milizie di Battery City sembra essere sempre più imminente. Quale sarà il ruolo della nostra ragazzina ormai cresciuta? Perché i Killjoys tenevano così tanto alla sua protezione?


Way e Simon, calandosi a pieno nella ormai ricca (e consumata) tradizione delle distopie plausibili, ci presentano un futuro non troppo lontano in cui la paura e l’annullamento di ogni pulsione individuale hanno preso il posto della libertà. Come in molte opere letterarie o cinematografiche che costruiscono scenari simili, anche qui la speranza passa per i progetti di un gruppo di emarginati, che trovano proprio nell’accettazione di una precarietà randagia e clandestina, insieme con il rifiuto della sicurezza e della sottomissione al giogo totalitario, le condizioni adatte per una possibile ribellione.
Ne “I favolosi Killjoys” si ritrovano molti degli stilemi tipici della distopia sull’orlo di un cambiamento positivo. Troviamo, infatti, il leader carismatico dei nuovi ribelli, Val Velocity, spinto dalla voglia di vendicare i suoi predecessori, già eletti a santi martiri della causa della libertà, che radunato attorno a se un gruppetto di nuovi crociati, più o meno devoti alla missione, sprona gli emarginati a sollevarsi con la violenza contro il potere oppressore. Troviamo Cola, l’ex combattente  dallo sguardo troppo limpido e saggio per abbandonarsi all’entusiasmo ingenuo dei nuovi giovani paladini della libertà. Troviamo DR.S, una sorta di voce narrante, in bilico tra passato, presente e futuro, che attraverso la radio accompagna tutta la vicenda con frasi dal tono metafisico, che sembrano proprio predire quello che sarà una cambiamento epocale. Infine c’è la Ragazza, l’elemento misterioso  e profetico, quello che in Matrix è Neo, ovvero quella presenza necessaria perché il cambiamento si compi e che, nonostante tutti gli sforzi degli altri attori in gioco, sarà l’unica a poter decidere le sorti della popolazione.



Come ho iniziato ad accennare , ne “I Favolosi Killjoys”, a mio modesto parere,  non c’è nulla di particolarmente originale rispetto al genere e alla tematiche affrontate, tuttavia l’opera si configura da subito come un progetto ambizioso, ricco di spunti, contaminazioni, personaggi e filoni di lettura. Già dall’inizio il lettore viene quindi sballottato nei vari scenari della vicenda, gli vengono fatti seguire poco a poco diversi personaggi e tutto acquista l’aria di un puzzle che aspetta solo il momento di essere ricomposto con una grande rimpatriata finale. Si aspetta dunque l’evento culmine della rivolta, ciò che porterà ad una sconfitta delle forze del cambiamento o alla distruzione totale dell’ordine vigente. Il problema principale di quest’ultima opera di Way sta proprio nel modo in cui si sviluppa questa struttura narrativa. L’opera, infatti, risulta essere spesso confusa, abbozzata, piena zeppa di stimoli, ma spesso superficiali e poco approfonditi. Se nel mezzo della lettura siamo continuamente in attesa del colpo di coda che dia spessore e stratificazione alla sceneggiatura, alla fine tutto sembra risolversi troppo sbrigativamente nonostante la quantità di parole spese. 


Le numerosi frasi ad effetto, che risentono dell’ermeticità poetica del linguaggio del testo musicale, se sono spesso funzionali a creare un’atmosfera profetico-apocalittica alla Starnge Days della Bigelow ( per fare un paragone alto), dall’altra parte non riescono, così come i dialoghi stessi, a dare poliedricità psicologica ai personaggi, che finiscono per essere delle macchiette appiattite. Insomma Way e Simon, a mio parere, non riescono a gestire al meglio il grande potenziale iniziale e alla fine, nonostante si senta la volontà di creare un’opera originale e complessa, si ha un risultato che assomiglia più ad un occasione mancata e ad un ambizione non soddisfatta.
Se dal punto di vista della sceneggiatura Killjoys non mi ha propriamente convinto, posso dire che dal punto di vista visivo, invece, è un lavoro davvero interessante. I disegni di Becky Cloonan sono veramente di grande impatto, dotati di un tratto deciso e marcato, ma molto dinamico. Lo stile della Cloonan partecipa sicuramente in molti frangenti della lezione sempre viva della pop art e, per certi versi, soprattutto nella delineazione dei personaggi e dei loro look, strizza l’occhio anche alla tradizione fumettistica e d’animazione orientale. Le tavole della disegnatrice già stupende, ricche di dettagli e ottimamente costruite, sono impreziosite dai colori esplosivi e brillanti di Dan Jackson, che completano l’opera per un risultato percettivo impressionante.


Per concludere, “I favolosi Killjoys-giorni pericolosi”, è un’opera che non convince pienamente nella struttura narrativa e nello sviluppo delle tante idee messe in campo dalla coppia Way-Simon. L’ambiziosità di una trama che si sviluppa su plurimi piani narrativi non è gestita al meglio, così come la tendenza ad una certa trasgressività, attraverso l’introduzione di personaggi bizzarri e situazioni grottesche, finisce per cadere spesso negli stereotipi. Le differenze con opere che si affidano con efficacia a questi tipi di trovate, vedi l’ottimo Saga di Vaughan, mi sembrano evidenti proprio nella diversa capacità di approfondirle e motivarle all’interno dell’intero progetto. Tutto questo nei Killjoys sembra un po’ posticcio e appiccicato. Per quanto riguarda l’aspetto grafico, invece, siamo di fronte ad un’opera di tutto rispetto, basta una sfogliata in libreria per venire folgorati dal tratto della Cloonan e dai colori prorompenti di Jackson.

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