venerdì 21 marzo 2014

Ghost in the Shell. Il cyberpunk prima di Matrix





“Quando lo vedemmo per la prima volta nel 1995 dicemmo: lo faremo diventare un film con attori in carne ed ossa”. Quasi vent’anni fa, Andy e Lana Wachowski, esprimendosi con queste parole, anticipavano quello che forse sarebbe stato Matrix, il loro più celebre film. Tuttavia, quella frase, che incubava in sé i germi creativi di uno di uno dei capolavori della fantascienza contemporanea, si riferiva ad un altro film. Un film che era senza “attori in carne ed ossa”, perché si trattava di un cartone animato. Era il 1995 e l’animazione giapponese colpiva di nuovo nel segno: usciva Ghost in the Shell, di Mamoru Oshii.
In un futuro ormai prossimo le reti informatiche permeano tutto. La tecnologia è penetrata nei processi più intimi dell’essere umano, la comunicazione passa per le menti, i corpi sono gusci e i software sono così avanzate da diventare “anime”( ghost). L’ibridazione uomo- macchina ha raggiunto livelli altissimi, portando ad una ridefinizione completa dei generi e delle identità. La compenetrazione informatica nel tessuto biologico è talmente avanzata, che tutti gli esseri viventi ibridati potrebbero essere vittime di Hacking. Si è resa dunque necessaria l’istituzione di un dipartimento di polizia speciale, la sezione 9, adibita al terrorismo e ai crimini informatici. Il maggiore Motoko Kusanagi fa parte di questo reparto. Essa è un cyborg dal corpo femminile interamente cibernetico, costantemente connesso. Un guscio che contiene un ghost, che pur essendo lontano da misticismi, genera dubbi esistenziali quasi umani: «Vi sono innumerevoli elementi che formano il corpo e la mente degli esseri umani come innumerevoli sono i componenti che fanno di me un individuo, con la mia propria personalità. Certo, ho una faccia e una voce che mi distinguono da tutti gli altri, ma i miei pensieri e i miei ricordi appartengono unicamente a me e ho consapevolezza del mio destino. Ognuna di queste cose non è che una piccola parte del tutto. Io raccolgo dati che uso a modo mio e questo crea un miscuglio che mi dà forma come individuo e da cui emerge la mia coscienza. Mi sento prigioniera, libera di espandermi solo entro confini prestabiliti»
Quando sulla scena comparirà “Il Burattinaio”, formidabile Hacker capace di violare la mente delle sue vittime al punto da manipolarne la volontà e i sentimenti, per Motoko inizierà una caccia “all’uomo” (anche se non di uomo si tratta), che la porterà ad  affrontare le controverse questioni relative alla sua ambigua natura di cyborg.


Ci sono opere che riscrivono immediatamente i canoni di un genere. Ghost in the shell è stato questo per la fantascienza e, in particolare, per uno dei suoi filoni tematici e stilistici più importanti degli ultimi decenni: il cyberpunk. Soltanto sette anni dopo Akira di Katsuhiro Otomo, anime che aveva rivoluzionato la fantascienza  apocalittica e distopica d’animazione, Mamoru Oshii, partendo dall’omonimo manga di Masamune Shirow, decide di inserirsi nel percorso teorico delineato da autori letterari come William Gibson e Bruce Sterling a metà degli anni ottanta, declinando le loro idee e le loro immagini in una pellicola d’animazione dall’impatto visivo devastante.
Presentato al Festival di Venezia del ’96( il primo anime della storia a ricevere questo trattamento) è subito adorato da Quentin Tarantino e venerato dai già citati fratelli Wachowski, che lo saccheggeranno a piene mani per realizzare Matrix (1997). Da esso, infatti, prenderanno in prestito il famoso codice verde a cascata, gli “spinotti” inseriti nel collo dei personaggi, oltre che gran parte dell’atmosfera e dei temi generali. Ghost in the Shell è una vera e propria bomba. Troppo intellettuale per un successo commerciale e coccolato da cinefili di tutto il mondo, si imporrà subito come un cult di genere che influenzerà ogni produzione fantascientifica successiva.
Al film del 1995, di cui abbiamo parlato, ne è seguito un altro, Ghost in the shell Innocence (2008), che mette in scena nuovamente l’universo cyberpunk del primo episodio, questa volta senza più Motoko, data per dispersa, ma con protagonista Batou, ex collega della protagonista del primo episodio. Egli dovrà indagare su una serie di omicidi commessi da “androidi prostitute” (genoyd) che forse stanno sviluppando una coscienza. Anche in questo capitolo riflessioni filosofiche, psicologiche ed esistenziali si fondono con gli elementi più cari alla tradizione cyberpunk, andando a riempire un lavoro visivamente impressionante che mischia animazione in 2D e computer grafica in 3D.



Questi due primi episodi della serie sono stati riproposti dalla Nexo Digital in versione restaurata  l’11 e il 12 Marzo nelle sale italiane, con una maratona notturna che ha inaugurato la  sua “stagione anime” . Le buone notizie per i fan di Ghost in the Shell , tuttavia, non finiscono qui. Infatti, il 2 Aprile, arriverà in Italia l’attesissimo e inedito prequel della saga, Ghost in the Shell Arise, un’ottima occasione per riprendere confidenza con quest’opera, ormai leggendaria, e prepararsi a conoscere gli avvenimenti che portarono alla vicenda del primo capitolo. La mia curiosità è altissima e spero che questo nuovo episodio sia all’altezza dei precedenti. Individualità, spazio, tempo e identità sono concetti che vanno continuamente reinterpretati alla luce dei cambiamenti tecnici e storici. Ghost in the Shell ci mostra questa necessità, come solo la miglior fantascienza riesce a fare.

5 commenti:

  1. L'amore per Ghost in The Shell nacque in primo superiore: in fumetteria c'era un post gigante del film.
    Chiesi al commesso che cosa fosse, lui mi passo il film.
    Da li nacque l'amore di questa grande opera

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    1. Più o meno è stata così anche per me. Anche io l'ho scoperto in fumetteria. Presi i due volumoni cartacei e poi mi guardai subito il film dopo averli letti. Fu amore a prima vista;) Un'opera stupenda.

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  2. Sono andata alla maratona. Il secondo forse sputa un po'troppe citazioni, tentando un ulteriore salto filosofico. Mi dicono che la serie anime è superiore ad entrambi i film e sarebbe interessante recuperare il manga.

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    1. Sono daccordo con te sul secondo Piperita. La serie anime non l'ho vista, il manga invece ce l'ho ed è davvero bello. Due volumoni di un certo spessore davvero interessanti.

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