Fino a qualche tempo fa, se pensavo a Gerard Way, l’unica
cosa che mi veniva in mente era il suo ruolo di fondatore e cantante dei My
Chemical Romance. Premetto di non essere mai stato un fan dei MCR e di non
averli mai ascoltati con particolare interesse. Dal punto di vista musicale,
dunque, credo che non ci sarebbero stati
troppi motivi per avvicinarmi alla figura di Way e credo che questo personaggio,
nella sua veste di musicista, per me sarebbe continuato ad essere una presenza
del tutto anonima. Ciò che invece mi porta a parlare di lui in questo articolo
è la sua attività di fumettista.
Gerard Way, infatti, oltre ad essere un grande appassionato
di fumetti, ha un passato come editor fumettistico e nel 2008, lavorando come
sceneggiatore a fianco del disegnatore
brasiliano Grabriel Bà, si è aggiudicato un Eisner Award con la sua
opera prima intitolata “The Umbrella Academy”. In attesa di recuperare proprio
quel volume, sono stato attratto da una delle ultime proposte da libreria della
Panini Comics, dove tra gli autori capeggia proprio lo stesso Way. Sto parlando
de “I favolosi Killjoys- giorni pericolosi” scritto a quattro mani da Gerard
Way e Shaun Simon e disegnato da Becky Cloonan.
La storia ruota tutta intorno ad un gruppo di ribelli, i
Killjoys , che in un passato non troppo lontano dal presente in cui è
ambientata la vicenda, combatterono contro la tirannia della mega corporazione Better Living Industries, perdendo tutti la
vita. Se i Killjoys veri e propri perirono tutti nel mezzo della sanguinosa
lotta contro la B.L.I., chi si salvò fu una misteriosa ragazzina che, da
qualche tempo, si era unita ai ribelli e godeva della speciale protezione di
questi ultimi. Dopo il sacrificio dei Killjoys , i loro seguaci ed epigoni
vivono nel deserto ai margini della metropoli di Battery city, dove le B.L.I.
derubano sistematicamente i cittadini della loro individualità attraverso un
regime di violenta ed estrema repressione.
Ora i venti di ribellione stanno per alzarsi di nuovo e lo
scontro tra gli abitanti del deserto e le milizie di Battery City sembra essere
sempre più imminente. Quale sarà il ruolo della nostra ragazzina ormai
cresciuta? Perché i Killjoys tenevano così tanto alla sua protezione?
Way e Simon, calandosi a pieno nella ormai ricca (e
consumata) tradizione delle distopie plausibili, ci presentano un futuro non
troppo lontano in cui la paura e l’annullamento di ogni pulsione individuale
hanno preso il posto della libertà. Come in molte opere letterarie o
cinematografiche che costruiscono scenari simili, anche qui la speranza passa
per i progetti di un gruppo di emarginati, che trovano proprio
nell’accettazione di una precarietà randagia e clandestina, insieme con il
rifiuto della sicurezza e della sottomissione al giogo totalitario, le
condizioni adatte per una possibile ribellione.
Ne “I favolosi Killjoys” si ritrovano molti degli stilemi
tipici della distopia sull’orlo di un cambiamento positivo. Troviamo, infatti,
il leader carismatico dei nuovi ribelli, Val Velocity, spinto dalla voglia di
vendicare i suoi predecessori, già eletti a santi martiri della causa della
libertà, che radunato attorno a se un gruppetto di nuovi crociati, più o meno
devoti alla missione, sprona gli emarginati a sollevarsi con la violenza contro
il potere oppressore. Troviamo Cola, l’ex combattente dallo sguardo troppo limpido e saggio per
abbandonarsi all’entusiasmo ingenuo dei nuovi giovani paladini della libertà.
Troviamo DR.S, una sorta di voce narrante, in bilico tra passato, presente e
futuro, che attraverso la radio accompagna tutta la vicenda con frasi dal tono
metafisico, che sembrano proprio predire quello che sarà una cambiamento
epocale. Infine c’è la Ragazza, l’elemento misterioso e profetico, quello che in Matrix è Neo,
ovvero quella presenza necessaria perché il cambiamento si compi e che,
nonostante tutti gli sforzi degli altri attori in gioco, sarà l’unica a poter
decidere le sorti della popolazione.
Come ho iniziato ad accennare , ne “I Favolosi Killjoys”, a
mio modesto parere, non c’è nulla di particolarmente
originale rispetto al genere e alla tematiche affrontate, tuttavia l’opera si
configura da subito come un progetto ambizioso, ricco di spunti,
contaminazioni, personaggi e filoni di lettura. Già dall’inizio il lettore
viene quindi sballottato nei vari scenari della vicenda, gli vengono fatti
seguire poco a poco diversi personaggi e tutto acquista l’aria di un puzzle che
aspetta solo il momento di essere ricomposto con una grande rimpatriata finale.
Si aspetta dunque l’evento culmine della rivolta, ciò che porterà ad una
sconfitta delle forze del cambiamento o alla distruzione totale dell’ordine
vigente. Il problema principale di quest’ultima opera di Way sta proprio nel
modo in cui si sviluppa questa struttura narrativa. L’opera, infatti, risulta
essere spesso confusa, abbozzata, piena zeppa di stimoli, ma spesso
superficiali e poco approfonditi. Se nel mezzo della lettura siamo continuamente
in attesa del colpo di coda che dia spessore e stratificazione alla
sceneggiatura, alla fine tutto sembra risolversi troppo sbrigativamente
nonostante la quantità di parole spese.
Le numerosi frasi ad effetto, che risentono dell’ermeticità
poetica del linguaggio del testo musicale, se sono spesso funzionali a creare
un’atmosfera profetico-apocalittica alla Starnge Days della Bigelow ( per fare
un paragone alto), dall’altra parte non riescono, così come i dialoghi stessi,
a dare poliedricità psicologica ai personaggi, che finiscono per essere delle
macchiette appiattite. Insomma Way e Simon, a mio parere, non riescono a
gestire al meglio il grande potenziale iniziale e alla fine, nonostante si
senta la volontà di creare un’opera originale e complessa, si ha un risultato
che assomiglia più ad un occasione mancata e ad un ambizione non soddisfatta.
Se dal punto di vista della sceneggiatura Killjoys non mi ha
propriamente convinto, posso dire che dal punto di vista visivo, invece, è un
lavoro davvero interessante. I disegni di Becky Cloonan sono veramente di
grande impatto, dotati di un tratto deciso e marcato, ma molto dinamico. Lo
stile della Cloonan partecipa sicuramente in molti frangenti della lezione sempre
viva della pop art e, per certi versi, soprattutto nella delineazione dei
personaggi e dei loro look, strizza l’occhio anche alla tradizione fumettistica
e d’animazione orientale. Le tavole della disegnatrice già stupende, ricche di
dettagli e ottimamente costruite, sono impreziosite dai colori esplosivi e
brillanti di Dan Jackson, che completano l’opera per un risultato percettivo
impressionante.
Per concludere, “I favolosi Killjoys-giorni pericolosi”, è
un’opera che non convince pienamente nella struttura narrativa e nello sviluppo
delle tante idee messe in campo dalla coppia Way-Simon. L’ambiziosità di una
trama che si sviluppa su plurimi piani narrativi non è gestita al meglio, così
come la tendenza ad una certa trasgressività, attraverso l’introduzione di
personaggi bizzarri e situazioni grottesche, finisce per cadere spesso negli
stereotipi. Le differenze con opere che si affidano con efficacia a questi tipi
di trovate, vedi l’ottimo Saga di Vaughan, mi sembrano evidenti proprio nella
diversa capacità di approfondirle e motivarle all’interno dell’intero progetto.
Tutto questo nei Killjoys sembra un po’ posticcio e appiccicato. Per quanto
riguarda l’aspetto grafico, invece, siamo di fronte ad un’opera di tutto
rispetto, basta una sfogliata in libreria per venire folgorati dal tratto della
Cloonan e dai colori prorompenti di Jackson.
Killjoys sembra molto interessante.
RispondiEliminaCercerò di leggerlo.