Strade, edifici, parchi, fabbriche, negozi e scorci
cittadini . Quanti soggetti urbani impressi in un’immagine fotografica o in un
dipinto sono diventati celebri a tal punto da diventare simboli di una città?
Luoghi che a volte sembrano del tutto insignificanti, senza un particolare
valore storico e artistico, che si trovano a diventare protagonisti della cover
di un album musicale o ad attrarre l’attenzione di un pittore in cerca di
ispirazione diventando, così, immortali per sempre.
La realtà e l’immagine finiscono per legarsi
indissolubilmente. Tuttavia, come si sa, una fotografia o un quadro consegnano
il proprio soggetto all’eternità, così come è stato impresso sul supporto,
mentre, le città, sono esseri in continua mutazione. Lo scorcio che aveva
ispirato il click di una macchina fotografica o i precisi movimenti di un
pennello potrebbe essere cambiato o forse, addirittura, perso per sempre.
Come sarebbe, dunque, sovrapporre ora il soggetto
dell’immagine alla sua dimensione reale? Cosa succederebbe se cercassimo di
riinserire quel luogo, che ha solo l’apparenza della tridimensionalità, che non
può invecchiare, con tutti i suoi colori e le persone che lo abitavano,
all’interno dello stesso spazio, che è si “lo stesso”, ma solo come punto
geografico?
Queste domande non sono solo l’input per un’affascinante
esperimento mentale, ma, grazie a Google Street View e photoshop, sono
diventate la base per un’operazione artistica reale dall’impatto visivo davvero
sorprendente. L’autrice di questa impresa è Halley Docherty, “Google street
specialist” del Guardian che, tramite un accurato lavoro di fotomontaggio, ha
sovrapposto le fotografie di dipinti e celebri copertine musicali alla
visualizzazione attuale degli stessi luoghi su Google Street View.
Il risultato è stupefacente. E’ come se davanti a noi lo
spazio si trasformasse in una cartolina proveniente da un’altra epoca . Tutti
abbiamo dimestichezza con quelle immagini, ma
ormai siamo abituati a pensarle come qualcosa che non ha una connessione
fisica con un luogo. Vederle inserite tra gli elementi cittadini sembra
donargli una nuova profondità, le riconsegna dal mondo delle immagini a quello
reale, facendoci riflettere sulla straordinaria capacità di fermare il tempo
propria della rappresentazione.
Ecco, allora, che Bob Dylan torna a camminare avvinghiato a
Suze Rotolo per Jones Street, ma i
colori tendenti all’ocra e il furgoncino Wolkswagen ci dicono che siamo negli
anni ’60. I nottambuli di Hopper sono sempre seduti al loro cafè, con l’interno
che ci sembra così retrò paragonato a tutto ciò che lo circonda. Il palazzone
di Phisical Graffiti sembra invece integrarsi benissimo nell’attuale paesaggio,
così come lo sguardo enigmatico di PJ Harvey, nascosto dagli scurissimi
occhiali da sole, mentre attraversa Time Square tra le macchine sfreccianti.
Non potevano poi mancare la mitica Battersea Power station dei Pink Floid, con
la sua luce così surreale rispetto al contesto e i Beatles, intenti ad
attraversare, per l’ennesima volta, le strisce pedonali di Abbey Road. Un gesto
così comune e naturale che ci sembra quasi possibile che i Fab Four stiano
attraversando la strada proprio ora, ma ahimè, era il ’69.
Effetto davvero stupefacente :)
RispondiEliminaDavvero spettacolare!;)
EliminaBellissimo!
RispondiElimina...specialmente "Abbey Road"... :)
Sono daccordo con te Orlando, davvero un bellissimo progetto;)
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