Una brevissima ( ma proprio brevissima) riflessione sul rapporto storico tra fumetto e carta stampata ( per Artspecialday)
16 febbraio 1896. Molti considerano questa data il giorno di
nascita del fumetto contemporaneo.
Niente eroi in calzamaglia, almeno per ora. C’è invece un
bimbo parecchio bruttino, con le orecchie a sventola e i denti in fuori. E’ Yellow
Kid. E’ lui o meglio, il suo pappagallo, il pioniere che si esprime per la
prima volta in un baloon, dando origine allo straordinario mezzo espressivo che
tutti ora conosciamo.
Oltre che per l’interesse storico, Yellow Kid è interessante
per altri motivi. Innanzitutto, apparve per la prima volta sull’inserto
domenicale di un giornale, il New York World, diretto dal mister carta stampata
per eccellenza, Joseph Pulitzer. In seconda battuta Yellow Kid, con il tono
ironico che si addice bene al medium fumettistico, parlava della società
americana, in particolar modo di quella degli immigrati. Il fumetto nasce come
intrattenimento e satira socio-politica
Il potenziale comunicativo dell’unione fra immagini e parole
non era sfuggito a Pulitzer e nemmeno al suo principale concorrente, William
Randolph Hearts, del New York Journal. I due si fronteggiarono arditamente,
proponendo due serie del “bambino giallo” sulle rispettive testate
giornalistiche, fino al termine di entrambe nel 1898.
Fumetto, giornalismo e politica. Tre elementi che fin dalle
origini del fumetto occidentale sembrano stare bene insieme. Sono passati più
di 100 anni da Yellow Kid e il fumetto ha subito una gran quantità di
metamorfosi, eppure questo connubio resta ancora vivo, anzi si è notevolmente
rafforzato.
Da qualche anno, infatti ,abbiamo assistito alla diffusione
prepotente di un’espressione, “graphic journalism”, che sta ad indicare opere
considerate veri e propri reportage giornalistici ad immagini. Il capostipite
di questa particolare corrente è probabilmente Maus, capolavoro di Art
Spielgman, vincitore del premio Pulitzer nel ’92. In Maus viene raccontata la storia di una
famiglia ebrea tra la Polonia degli anni
30, la deportazione ad Auschwitz e la New York degli anni 80. Un racconto
straziante, fatto di documenti e ricordi, di un realismo commovente. Scorrendo gli
anni troviamo innumerevoli esempi degni di nota. Si va, per dirne qualcuno, dalla questione Israelo-palestinese
raccontataci da Joe Sacco in “ Palestina”, alla rivoluzione iraniana in
“Persepolis” di Marjane Satrapi. Passiamo poi ai “Quaderni Ucraini” di Igort,
continuiamo per “Cronache da Gerusalemme” e “Pyonyang” di Guy Delisle, fino ai
reportage ad immagini di Patrick Chapatte sulle affiliazioni e le attività criminali
delle gang guatemalteche. Bisognerebbe citarne tanti altri, ma per motivi di spazio non lo faccio.
Il fumetto è forse il medium più libero e versatile in
circolazione. La sua posizione di eterno outsider rispetto ai principali mezzi
di comunicazione e la sua natura, spesso di intrattenimento e ironica, gli
hanno permesso di indagare e percorrere trasversalmente le varie sfaccettature
del reale.
Le immagini riescono a superare ogni barriera. Le enormi
possibilità simboliche, la sua istantaneità grafica e la capacità di
intrattenere, sono le armi base del fumetto, che riesce a parlarci con
leggerezza di situazioni difficili e complesse. Il successo del graphic journalism è solo un ulteriore segno che ci
rimanda all’estrema efficacia di un medium, che per la sua composizione ibrida
e la sua versatilità espressiva, è capace di adattarsi ad ogni registro e
contenuto.
L’indagine e l’informazione sociopolitica possono
sicuramente trarre vantaggio dall’immediatezza del fumetto e speriamo lo
facciano, il più possibile, in modo genuino e costruttivo. Infatti, per lo
stesso motivo, il fumetto è troppo
prezioso e pericoloso per essere strumentalizzato. Quando questo avviene è come
un fendente, che ci colpisce tutti, perché va a colpire uno dei mezzi più cristallini
e sfuggevoli di estrinsecazione della nostra libertà.
L'ho sempre pensato... il fumetto è la nona arte
RispondiEliminaGià Marco, anche io l'ho pensata sempre come te. E direi che la realtà ci sta dando ragione;)
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